I Rom, un po' di storia...
 

La popolazione Romanì rappresenta una nazione trasnazionale senza territorio che, attraverso la Romani Union Internazionale, organizzazione non governativa e non territoriale che riunisce molte organizzazioni rom nel mondo, ha potere di consultazione presso l'ECOSOC alle Nazioni Unite dal Febbraio 1979. La popolazione romanì ha un proprio inno trasnazionale "Gelem Gelem" che significa "Camminando Camminando" e una propria bandiera a bande orizzontali azzurro e verde con una ruota rossa di carro al centro. L'azzurro rappresenta il cielo, il verde la terra e la ruota del carro è il simbolo del nomadismo. Con circa 12 milioni di persone la Popolazione Romanì è presente in tutti i continenti: in Africa come in Canada, in America Latina come nel Medio Oriente, negli Stati Uniti come in Russia e in Australia e in tutti i paesi d'Europa. Un proverbio rom recita: "Kaj ýas, Roma rakhes" (ovunque vai, Rom trovi). Il termine zingari deriva dal nome di una setta eretica denominata in greco medievale Athinganos (secondo la pronuncia popolare Atsinganos o Athinkanos ) venuti in Grecia dall'Asia minore e di cui era ancora viva la fama (cattiva nel Medio Evo) di maghi e di indovini. Accade che il nome della setta venne attribuito a gruppi di viaggiatori provenienti dall'Est e gli rimane in numerosi paesi occidentali . Ben presto il termine assume un'accezione fortemente dispregiativa. Numerosissimi sono i nomi attribuiti dai Kaggé (non Rom) alla Popolazione Romanì . Molti sono gli etnonimi ovvero i nomi con la popolazione romanì designa se stessa, come Rom (Lom in Armenia, Dom in Persia, Dom o Dum in Siria ), Sinti, Kalé, Manouches, Romanichals. Il termine Rom deriva dal Sànscrito "Domba" e significa "uomo" e più precisamente "uomo libero". Gli Sinti derivano il loro nome dalla Valle del Sindh, una regione a Nord-Ovest dell'India, mentre i Kalé della Penisola Iberica derivano il loro nome dal Sànscrito "Kala" che significa "Nero" (dal colore della pelle). Manouches deriva dalla parola romanì"manuÒ" (direttamente dal Sànscrito) e significa "uomo", "maschio", "marito". Romanichals deriva dalla parola composta "romani" = rom e "chals" (da "chavé")= figli. Questi etnonimi si riferiscono ai gruppi principali che formano il mondo romanó a cui si ricollegano numerosissimi sottogruppi. Così il mondo romanò è costituito da un mosaico di dialetti e tradizioni culturali diverse e affini allo stesso tempo. Ciò che unisce le numerose realtà è l'origine comune dalle regioni dell'India del Nord (Pakisthan, Panjub, Rajasthan, regione del Sindh) e la lingua romanì, nonostante i suoi dialetti numerosi a causa della grande influenza delle parlate dei paesi ospitanti. Influenza inevitabile per una cultura tramandata per secoli solo oralmente e, quindi, esposta ai condizionamenti del mondo circostante. Per diverse ragioni e in diverse epoche storiche gli antenati della popolazione romanì abbandonano o sono costretti ad abbandonare le regioni d'origine. Grazie agli studi linguistici delle loro parlate si accerta con sicurezza che sono rimasti molto tempo in Persia e attraverso l'Armenia, dove soggiornano per un lasso di tempo relativamente breve, entrano nell'Impero Bizantino e da qui si riversano in Europa occidentale durante il XV secolo. Attraverso le deportazioni e la diaspora dei secoli XVII, XVIII e XIX arrivano nelle Americhe, in Australia e in Sud Africa.

Terribili sono le persecuzioni attuate contro la popolazione romanì da tutti gli Stati europei, dove si sono susseguite via via politiche di inclusione, di reclusione, di espulsione, di deportazione e di sterminio (durante la seconda guerra mondiale i Nazi-fascisti massacrano oltre 500 mila Rom ). Attualmente siamo nella fase della politica di assimilazione. Tutte queste strategie hanno in comune il rifiuto della "romanipé" vista come minaccia o come una civiltà senza valore.

L'origine e l'arrivo in Italia

Ripercorrere le vicende storiche dei Rom, una popolazione indo-ariana, é un'impresa ardua. I motivi sono tanti: primo fra tutti la carenza di testimonianze scritte da parte degli stessi Rom che hanno perpetuato la loro cultura attraverso la sola trasmissione orale di generazione in generazione; un altro motivo è la carenza di documenti che non permettono una ricostruzione dettagliata, ma quelli ritrovati lasciano molte possibilità di interpretazione dando luogo a mere supposizioni. Se le parole sono lo specchio della cultura questo vale soprattutto per i Rom. Con certezza gli studi filologici del XVIII secolo, condotti quasi contemporaneamente dal tedesco Rüdiger e dall'inglese Bryant, hanno dimostrato l'affinità tra le parlate romanès e alcune lingue neo-indiane. Le conferme sono venute con gli studi del tedesco A.F. Pott e dell'austriaco sloveno F. Miklosich. Tutti i gruppi appartenenti alla Popolazione Romanì derivano dal nord-ovest dell'India e tenendo presente gli imprestiti linguistici si è potuto sommariamente ricostruire il probabile itinerario seguito durante il lungo cammino verso occidente. L'origine e il lungo travaglio fisico, morale e psicologico, attestato dai numerosissimi bandi ritrovati che sanzionavano durissime pene, sono le uniche certezze di un popolo senza patria, ma cittadino del mondo, la cui storia è nascosta nelle pieghe della propria anima e delle proprie parole. Circa 1.000 anni fa dall'India del nord, gli antenati degli attuali Rom per ragioni misteriose (spinti da altre popolazioni?) emigrarono ripetutamente verso occidente probabilmente a più ondate. Il sociologo Rom serbo Rajko Djuric sostiene che la parola romanès"Kaggio" (non-Rom) derivi da Mahmud di Ghazni imperatore che attaccò l'India del nord fra il 1001 e il 1027. Questo accrediterebbe l'ipotesi di una emigrazione forzata dei Rom dal loro territorio. I primi testi riguardanti gli antenati degli attuali Rom sono stati ritrovati in Iran. Lo storico arabo Hamzah d'Hispahan intomo al 950 compose una storia dei re di Persia e sotto il regno di Behram-Gor segnala l'arrivo di 12.000 "Zott", musicisti di professione. Essi arrivarono su richiesta dello stesso Behram-Gor che intendeva rallegrare i suoi sudditi e così il re dell'India inviò i dodicimila musicisti in Persia. Più tardi il poeta Persiano Firdusi nel Libro dei Re (finito nel 1011) racconta la stessa storia con alcune varianti. Queste sono le prime testimonianze scritte di un popolo venuto dall'India in Persia che godeva alla metà del X secolo di una reputazione di musicisti, di nomadi per vocazione e anche di predoni. Seguendo l'itinerario linguistico i Rom soggiornarono in Persia, in Armenia, nella penisola Anatolica e nei Balcani (Impero Bizantino) e da qui si insediarono in tutta l'Europa. Attraverso le deportazioni arrivarono in America e in Australia e se si considera che un gruppo percorse l'Africa settentrionale si puo ben comprendere come, oggi, i Rom siano presenti in tutti i continenti.

In Italia arrivarono probabilmente tra il XIV e XV secolo a più riprese seguendo principalmente due direzioni a partire dai Balcani. Un gruppo arrivò in Italia dal nord per via terra e un altro da sud per via Mare. Del gruppo proveniente dal nord sappiamo con certezza che arrivò a Bologna il 18 luglio 1422 poiché l'evento e riportato in un'anonima cronaca bolognese contenuta nella "Rerum Italicarum Scriptores" pubblicata dall'erudito Ludovico Antonio Muratori nel 1731. Questo gruppo era diretto a Roma in visita dal papa Martino V, ma la mancanza di documcnti non da modo di confermare se l'incontro sia avvenuto o meno. Dell'altro gruppo si sa poco o nulla ma si suppone che arrivò in Italia diverso tempo prima per via mare. Secondo alcuni studiosi (Miklosich gia nel 1874) i Rom dell'Italia centro-meridionale appartengono a questo gruppo proveniente dalle coste albanesi e greche. Questa ipotesi puo trovare fondamento per alcuni gruppi Rom del meridione come i calabresi e forse i pugliesi che non presentano nelle loro parlate termini tedeschi (sempre che non li abbiano dimenticati), ma non per i Rom abruzzesi i quali hanno nella loro parlata questi termini (tis = tavolo, glase = bicchiere, breg = montagna < berg). È da supporre che i Rom abruzzesi arrivarono in Italia dal nord, per via terra, provenienti dai Balcani (Grecia, Albania) attraversando rapidamente la Ex-Jugoslavia, come testimoniano alcune parole serbo-croate: plaxta = lenzuola (serbo-croato = plahta), niste = nulla (serbo-croato = niÒta), (a) star = cat- turare, afferrare (serbo-croato = staviti), nikth = nessuno (serbo croato = nitko), a pukav-= fare la spia (serbo-croato = bukati), po (pro) = per (preposizione, serbo-croato = po) e soggiornando brevemente in territori di lingua tedesca. È da scartare l'ipotesi che i termini tedeschi siano stati acquisiti dagli Sinti (che hanno nella loro parlata una forte influenza tedesca) perché un tempo, ancor piu di oggi, i Rom tendevano a distanziarsi dagli altri gruppi ed evitavano matrimoni misti che non erano graditi. Occorrono anni prima di assimilare dei termini nuovi. Non è da escludere che a più riprese altri gruppi siano arrivati in Italia per via mare provenienti dalle stesse regioni, ma è difficile crederlo: perché i Rom, con le loro carovane avrebbero dovuto viaggiare per via mare, via a loro scomoda, inusuale e minacciata dai Turchi, se per secoli avevano ampiamente dimostrato di spostarsi con sicurezza e rapidità per via terra?

Questa ulteriore emigrazione fu causata dalla feroce repressione dei Turchi Ottomani che all'epoca insidiarono prima e conquistarono poi l'Impero Bizantino. Ciò é confermato anche dalla presenza di altre minoranze presenti in Italia centro-meridionale come gli Albanesi e i Croati che sfuggivano a tale repressione e provenivano dalle stesse regioni attraversando l'Adriatico. In qualche documento Greco dell'Italia meridionale del XII e XIII secolo, vengono citati certi Tigani che probabilmente facevano i fabbri ferrai, ma è ancora impossibile stabilire se si tratti di gruppi di origine Indiana o se gli stessi nomi avessero un significato diverso, o se un Albertinus Zingarellus, ricordato a Portovenere nel 1262, fosse un Rom o meno. Le ipotesi sono due: o i Rom erano presenti in Italia prima della fatidica data del 18 luglio 1422 oppure il termine zingaro e simili esistevano, ma non si riferivano alla popolazione di origine indiana, piuttosto all'arte della lavorazione del ferro. Uno storico molisano (Masciotta) scrive: "L'infiltrazione più antica è quella degli zingari (...). Gli zingari nostrani detti pure un tempo Gizzi o Egizi denunciano l'origine levantina e sono indigeni del tutto e da secoli. La tradizione che essi fossero certamente accentrati a Ielsi, che sarebbe stata la loro capitale. Ielsi, nei piu vetusti diplomi feudali, è detta Gittia e terra Giptia in quelli del secolo XV. Da Ielsi si diramarono poi, man mano nei paesi fra il Fortore e il Biferno, questi due fiumi oltrepassarono sparpagliandosi nelle adiacenze". I Rom dell'Italia centro-meridionale rappresentano, quindi, uno dei gruppi di più antico insediamento, se non il più antico. Essi arrivarono quando in Italia, sotto l'influsso dei dominatori stranieri, si stavano formando le grandi Signorie che esigevano l'incremento dello spirito nazionalistico e l'allontanamento degli elementi che potevano turbare l'unità del popolo e intaccare la purezza della razza. Ben presto all'incanto, alla curiosita e alla meraviglia verso questo popolo che lavorava il ferro e il rame, prediceva il futuro, allevava e commerciava cavalli, subentrarono il timore, il disprezzo e il rifiuto da parte della società circostante. Dal 1493 (Ducato di Milano) seguendo l'esempio degli altri stati europei, cominciarono ad essere emanati editti e bandi contro la Popolazione Romanì , un popolo alla ricerca di una patria a cui offrire i prodotti dei propri mestieri e i servizi delle sue comunità. Anche lo Stato Pontificio emanò editti contro la Popolazione Romanì. Nel 1570 il Papa Pio V bisognoso di rematori per la flotta in preparazione della battaglia di Lepanto contro i turchi, attraverso Paolo Giordano Orsini fece rastrellare nell'Agro Romano tutti i Rom abili e li condannò alle galere. Le donne disperate, si precipitarono piangendo e urlando in città. San Filippo Neri fu commosso e, assieme a tre cappuccini, protestò presso il Papa per questa condanna di cui non si era accertata nessuna colpa. Pio V si adirò fortemente per l'intromissione. La politica fascista verso i Rom in Italia fu, tuttavia, piuttosto tollerante specie verso i Rom di antico insediamento che avevano cittadinanza italiana e regolare residenza. Ma ancora oggi tutti i gruppi rom vivono in condizioni di emarginazione sociale e culturale, vittime di stereotipi negativi e di politiche assimilatrici. I Rom a tutte le persecuzioni subite durante il loro lungo viaggio verso occidente (dai Persiani, dai Bizantini, dai Turchi Ottomani, dagli Europei) hanno reagito con atteggiamenti umili e apparentemente arrendevoli (vedasi la mendicità), ma che in realta celano una fortissima resistenza. È grazie a questa intima forza che i Rom, oggi, continuano ad esistere.

 

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